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venerdì 31 maggio 2013

Il "digital intellect" di Rheingold

Il titolo scimmiotta, forse in maniera troppa pigra, un concetto importante della storia del pensiero che è quello di general intellect del Marx dei Grundrisse. Tuttavia, quello che Howard Rheingold, l'inventore dell'espressione 'comunità virtuale', mette a punto nel suo nuovo libro (Perché la rete ci rende intelligenti, Milano, Cortina 2013, XIV-416) è il ruolo cruciale svolto dall'intelligenza digitale nell'epoca di Internet e dei social media. Meglio: l'obiettivo dell'autore statunitense è di redigere un prontuario per favorire la sopravvivenza e l'alfabetizzazione degli internauti.

sabato 14 luglio 2012

Paolo Virno su Marx

Unical 2006, Dipartimento di filosofia


martedì 3 luglio 2012

Linguaggio e... la democrazia?

Christian Marazzi, economista e filosofo,
indaga i mutamenti del capitale e i suoi effetti sulla politica

Rispetto agli argomenti che il 27 luglio saranno trattati da Teresa Serra (La Sapienza) e Anna Jellamo (Unical) e che ruoteranno intorno al tema "Comunicazione e democrazia", tornano alla mente alcuni passaggi di Christian Marazzi. L'economista della Supsi di Lugano, che ragiona di filosofia, ritiene indispensabile tenere conto della svolta linguistica del capitale quando si discute di democrazia oggi. In un bel saggio intitolato Il posto dei calzini, scrive: "La difficoltà di trovare, in epoca postfordista, un livello di mediazione sovraindividuale, un piano sul quale consolidare compromessi e consensi duraturi, discende dal cortocircuito tra agire strumentale e agire comunicativo" (p. 33).

La crisi della politica contemporanea, quella che fa vacillare la forma della rappresentanza dello Stato, ha un'origine non politica ma squisitamente materiale. Si radica nell'inedita riorganizzazione della sfera economica e cioè nella messa al lavoro delle doti comunicative e relazionali propriamente umane. Leggiamo ancora l'autore: "Si intuisce in che senso l'entrata in produzione della comunicazione metta in crisi, o comunque problematizzi la forma politica della democrazia ereditata dal fordismo. La sovrapposizione tra agire strumentale e agire comunicativo [...] rende infatti complesso il passaggio istituzionale dagli interessi individuali agli interessi collettivi [...] Ognuno ha tendenza a rappresentarsi da sé" (p. 32).

L'assetto del capitalismo maturo scombina le regole che sul piano della cosa pubblica sono valse fino a quando la linea di montaggio era muta e priva di rapporti di cooperazione fra antecedente e conseguente. Nel momento in cui "l'imprenditore si fa politico" si apre la "crisi della coesione sociale" perché la prassi di delegare gli interessi del singolo cittadino a una classe, a un partito, a un sindacato, non funziona più. E' un meccanismo che s'inceppa di continuo. Da qui "la proliferazione di forme di autorappresentatività politica" (p. 33).

Insomma, Marazzi mette sotto i riflettori il decisivo mutamento subito dal sistema produttivo dominante e ne mostra le conseguenze al livello della vita pubblica. Il restyling del capitale invalida le vecchie leggi, senza che ancora ne siano state trovate di nuove. In ambito politico, una sfida decisiva è: quale tipo di governo è il più adatto alla produzione che chiama in causa l’informazione, la comunicazione e i rapporti interpersonali? Quale sovrano per il 'general intellect'?

sabato 30 giugno 2012

Essere e pensiero nell'Ideologia

Marx col compagno Engels
Corrado Ocone, ospite della Scuola il 27 luglio prossimo, è reduce da una giornata di dibattito organizzata alla Luiss sul concetto di 'ideologia', a partire dall'opera omonima di Marx ed Engels, recentemente ripubblicata da Bompiani a cura di Diego Fusaro.

Ci piace ricordare un passaggio tratto da Sul concetto di storia di Walter Benjamin, in cui l'autore tedesco sintetizza così la ricetta materialistica: "La lotta di classe, che è sempre davanti agli occhi di uno storico che si è formato su Marx, è una lotta per le cose rozze e materiali, senza le quali non si danno cose fini e spirituali" (tesi numero 4). Per dirla col gergo marxiano, è l'Essere che determina il Pensiero, non viceversa. E' la conformazione materiale dei sistemi di riproduzione della vita che determina le idee, gli stili e le mode. Esiste una radice extrateorica delle teorie. Questa è la scommessa del materialismo storico contro la fossilizzazione delle ideologie.

Alcuni critici, su questo punto, pur abbracciandolo per l'inedito cambio di prospettiva che offre, mettono le mani avanti dicendo pressapoco così: va bene l'origine non teorica di una teoria, ma è opportuno mettere in conto la possibile validità universale di un pensiero dalla genesi particolare. Cioè: sì alla radice storica di un'idea, ma occhio all'eterno pronto a penetrare il tempo. Tuttavia, per certi versi questo sembra un falso problema. Che cos'è una teoria valida per sempre? Come si fa a decidere se il suo assunto sia universalmente valido?

Forse, è più ragionevole ritenere che esistono teorie che mettono nel mirino alcuni tratti invarianti e, dunque, metastorici della specie homo sapiens e che tendono all'universale solo nella misura in cui si occupano di aspetti eterni che hanno assunto forme storicamente determinate. Oggi, ciò che è nostro da illo tempore, il linguaggio in quanto facoltà specie-specifica distinta da questo o quell'atto di parola, ha preso le sembianze della forza-lavoro salariata. Bene, oggi la moda degli studi comunicativo-umanistici, se seria, non può prescindere dal ripensare alla natura (eterno) di qualcosa che si mostra nei panni della storia (temporale) e al carattere storico di ciò che è naturale.

lunedì 2 aprile 2012

Tesi su Feuerbach

Karl Marx (1845)

I


Il difetto principale di ogni materialismo fino ad oggi, compreso quello di Feuerbach, è che l'oggetto, il reale, il sensibile è concepito solo sotto la forma di oggetto o di intuizione; ma non come attività umana sensibile, come attività pratica, non soggettivamente. E' accaduto quindi che il lato attivo è stato sviluppato dall'idealismo in contrasto col materialismo, ma solo in modo astratto, poiché naturalmente l'idealismo ignora l'attività reale, sensibile come tale. Feuerbach vuole oggetti sensibili realmente distinti dagli oggetti del pensiero; ma egli non concepisce l'attività umana stessa come attività oggettiva. Perciò nell'Essenza del cristianesimo egli considera come schiettamente umano solo il modo di procedere teorico, mentre la pratica è concepita e fissata da lui soltanto nella sua raffigurazione sordidamente giudaica. Pertanto egli non concepisce l'importanza dell'attività "rivoluzionaria", dell'attività pratico-critica.


II


La questione se al pensiero umano appartenga una verità oggettiva non è una questione teorica, ma pratica. E' nell'attività pratica che l'uomo deve dimostrare la verità, cioè la realtà e il potere, il carattere terreno del suo pensiero. La disputa sulla realtà o non-realtà di un pensiero che si isoli dalla pratica è una questione puramente scolastica.


III


La dottrina materialistica che gli uomini sono prodotti dell'ambiente e dell'educazione, e che pertanto uomini mutati sono prodotti di un altro ambiente e di una mutata educazione, dimentica che sono proprio gli uomini che modificano l'ambiente e che l'educatore stesso deve essere educato. Essa perciò giunge necessariamente a scindere la società in due parti, una delle quali sta al di sopra della società (per esempio in Roberto Owen). La coincidenza nel variare dell'ambiente e dell'attività umana può solo essere concepita e compresa razionalmente come pratica rivoluzionaria.


IV


Feuerbach prende le mosse dal fatto che la religione rende l'uomo estraneo a se stesso e sdoppia il mondo in un mondo religioso immaginario, e in un mondo reale. Il suo lavoro consiste nel dissolvere il mondo religioso nella sua base mondana. Egli non si accorge che, compiuto questo lavoro, la cosa principale rimane ancora da fare. Il fatto stesso che la base mondana si distacca da se stessa e si stabilisce nelle nuvole come regno indipendente non si può spiegare se non colla dissociazione interna e colla contraddizione di questa base mondana con se stessa. Questa deve pertanto essere compresa prima di tutto nella sua contraddizione e poi, attraverso la rimozione della contraddizione, rivoluzionata praticamente. Così, per esempio, dopo che si è scoperto che la famiglia terrena è il segreto della sacra famiglia, è la prima che deve essere criticata teoricamente e sovvertita nella pratica.


V


Feurbach, non contento del pensiero astratto, fa appello all'intuizione sensibile; ma egli non concepisce il sensibile come attività pratica, come attività sensibile umana.


VI


Feuerbach risolve l'essere religioso nell'essere umano. Ma l'essere umano non è un'astrazione immanente all'individuo singolo. Nella sua realtà, esso è l'insieme dei rapporti sociali. Feuerbach, che non s'addentra nella critica di questo essere reale, è perciò costretto: a fare astrazione dal corso della storia, a fissare il sentimento religioso per sé e a presupporre un individuo umano astratto, isolato; per lui perciò l'essere umano può essere concepito solo come "specie", come generalità interna, muta, che unisce in modo puramente naturale la molteplicità degli individui.

VII


Perciò Feuerbach non vede che il "sentimento religioso" è anch'esso un prodotto sociale e che l'individuo astratto, che egli analizza, in realtà appartiene a una determinata forma sociale.


VIII


La vita sociale è essenzialmente pratica. Tutti i misteri che sviano la teoria verso il misticismo trovano la loro soluzione razionale nella attività pratica umana e nella comprensione di questa attività pratica.


IX


L'altezza massima a cui può arrivare il materialismo intuitivo, cioè il materialismo che non concepisce il mondo sensibile come attività pratica, è l'intuizione dei singoli individui nella "società borghese".


X


Il punto di vista del vecchio materialismo è la società "borghese"; il punto di vista del nuovo materialismo è la società umana, o l'umanità socializzata.


XI


I filosofi hanno solo interpretato il mondo in modi diversi; si tratta però di mutarlo.


Questo testo tanto breve quanto denso fu scritto da Marx nel marzo del 1845. Rimase tuttavia a lungo inedito finchè non fu pubblicato nella Neue Zeit (1886) da Engels che lo riprodusse in appendice al suo Ludwig Feuerbach e il punto di approdo della filosofia classica tedesca (1888). Si è usata qui la traduzione italiana di Palmiro Togliatti, in appendice al vol. Ludwig Feuerbach e il punto di approdo della filosofia classica tedesca, Roma, Editori Riuniti, 1950, pp. 77-80.



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