venerdì 10 dicembre 2010


Noi siAMo qUi

(in foto: variante -in-finita- della ss 106, quella che dovrebbe permettere una migliore vivibilità agli abitanti di Roccella Jonica e anche a tutti i - si spera - numerosi frequentatori della Scuola di filosofia)
(però -a dire la verità- Roccella è già molto bella)
Tutto scorre, tranne la strada..

Che cosa fa camminare la strada?

la ricerca

"chi non spera l'insperabile non lo troverà, poichè è chiuso alla ricerca, a esso non porta nessuna strada" Eraclito l'Oscuro






Ah! Poor Alice... tutta sola su quel fazzoletto di cammino, eppure, la solitudine non le fa capire quanto è stata fortunata: quel cane spazzino è il doppio surreale del filosofo, e le insegna che la strada è sempre da fare, ma lei è ancora troppo confusa per capire!
A proposito di strada, mi viene in mente la frase di Wittegenstein
"un problema filosofico ha la forma: non mi ci raccapezzo!"
la mia passione per le etimologie mi ha spinto ha cercare la derivazione dell'insolito verbo scelto dal filosofo del linguaggio e mi ha fatto scoprire che quel termine ha molto a che fare con il sentiero che stiamo percorrendo. Raccapezzare significa trovare e raccogliere i capi (cabezas) di un groviglio; ma deriva da accappezzare "sbozzar pietre" che è anche il lavoro che fanno gli operai delle strade antiche. i raccapezzatori sono coloro che tagliano e spaccano i pezzi di granito affinchè la strada che devono lastricare sia levigata e compatta.

il loro lavoro consiste, insomma, nel rifinire i pezzi per l'incastro.
A ben vedere, anche la mente umana funziona così, prende le pietre del pensiero e le rifila in modo da farle funzionare nel persorso che vuole pavimentare affinchè anche altri possano percorrerlo e andare un poco più in là a cercare nuove strade.
Ma prima delle pietre, che sono le parole, bisogna segnare da soli con i propri passi un sentiero

solo et pensoso i più deserti campi
vo' mesurando a passi larghi e lenti

e poi lavorare affinchè sia permesso anche agli altri di percorrerlo.
Nonostante l'accapezzamento, in un problema filosofico non ci si raccapezza, le parole spesso non bastano e sembrano tutte sbagliate, ma bisogna continuare a lavorare, spaccando pietre e cercando i fili del discorso, pur sapendo, come nel caso della SS106, che sarà impossibile trovarli. am

Tutto ciò che distingue l’uomo dall’animale dipende da questa capacità di sminuire le metafore intuitive in schemi, cioè di risolvere un’immagine in un concetto […]. Mentre ogni metafora intuitiva è individuale e risulta senza pari sapendo perciò sempre sfuggire a ogni registrazione, la grande costruzione dei concetti mostra invece la rigida regolarità di un colombario romano e manifesta nella logica quel rigore e quella freddezza che sono propri della matematica. Chi è ispirato da questa freddezza, difficilmente crederà che il concetto – osseo come un dado, spostabile e munito di otto vertici come questo – sussista unicamente come il residuo di una metafora. F. Nietzsche La Filosofia nell’epoca tragica dei Greci e scritti 1870-1873, Adelphi, Milano, 1973. pp. 233-235.

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