Il pensatore di Rodin |
Mentre la città di Bologna vota
al referendum consultivo sul milione di euro che il Comune ha in programma di
elargire ogni anno alle scuole materne paritarie, pronunciandosi dunque sul “no”
ai fondi pubblici all’istruzione privata (opzione A) oppure sul “sì” al
sussidio (opzione B), è opportuno fare i conti col merito della questione. Col
dato logico dell’intera faccenda che resta al di qua e al di la degli aspetti
politici ed economici che pure interessano l’opinione pubblica: vedi la
spaccatura interna alla coalizione di maggioranza Pd-Sel in consiglio comunale
oppure l’ingombrante presenza di 25 istituzioni cattoliche su 27 nell’ambito
della gestione delle scuole private. Ma, anche al netto dell’articolo 33 della
Costituzione, andiamo al succo della vicenda. Qui ci si chiede di chi sia il
sapere, in questo caso quello scolastico, ma il quesito è valido più in
generale, dall’università alle conoscenze intellettuali dei gruppi informali o
dei singoli, e se c’è qualcuno, un’istituzione, un ente oppure una persona
fisica o giuridica, cui assegnare la proprietà di questo sapere.
La domanda è
una buona domanda nella misura in cui dà spazio a una replica che, fin da
subito, sgancia il sapere dal rapporto merce/proprietà. Una trama di
conoscenze, se presa in coerenza col suo statuto, non è mai riducibile alla
modalità di una bene posseduto o da un privato o da uno Stato. Una trama di
conoscenze, sedimentata in saperi specialistici o anche linfa dell’intelligenza
generale di una comunità, non si concretizza in entità numerabili e, dunque,
tali da essere possedute da qualcuno. Il sapere, insomma, prescinde dall’ontologia
dell’unità, non si dà in termini positivi e in quanto tale non è
monopolizzabile. Preso sotto questo riguardo, il sapere è un bene comune e
nello specifico non si adegua né alla sussunzione universalista dello Stato, né
alla forma di valore del capitale. Il CALL FOR SPEECH che abbiamo lanciato,
relativo al seminario “Del comune sapere” che si svolgerà il 25 luglio prossimo
nell’ambito del programma della Scuola, tiene conto, fra l’altro, pure di
questa tipologia di problemi che concernono la vita associata e il destino dell’istruzione.
Nell’ambito di una democrazia rappresentativa, è certo che la scelta dell’opzione
A (“no” ai soldi alle scuole private) o dell’opzione B (“sì” ai finanziamenti
alle paritarie) è una decisione di campo importante, anche alla luce dalla
Carta costituzionale. Ma al fondo della faccenda, volendola radicalizzare, ci
si accorge di come il sapere sfugga alle logiche della politica e dell’economia
della tarda modernità, e di come il referendum di Bologna sia occasione per
problematizzare la forma-Stato e la forma-capitale della nostra epoca.
Angelo Nizza